"Bravo il giovane direttore Jacopo Sipari di Pescasseroli che ha guidato molto bene l'orchestra della Toscana."
"Il giovane direttore ha dato della partitura di Suor Angelica una lettura elegante e raffinata. Una volta si sarebbe definito questi tratti di raffinatezza come “assonanze con la scuola francese” oppure “eco schonberghiane” che tanto mandavano in sollucchero i critici di un tempo. Ma ora che il Novecento si legge con una lente centenaria ci pare che il linguaggio di Puccini, il quale sapeva trasformare il kitsch in finezza, sia originale e basta. Detto dell’Orchestra della Toscana che in questa Suor Angelica ha firmato una prestazione di alto livello, sia nella cospicua sezione degli archi che in quella dei legni e dei fiati in genere, Donata d’Annunzio Lombardi (nella foto sopra il titolo), dopo averci abituato alla sua finissima Manon ed alla sua bellissima Butterfly, ha dato vita ad un’Angelica quasi predestinata, assorta fin dall’entrare in scena, poi contenuta, compressa, nella lancinante scena del parlatorio, dolcissima, colma d’indugi e d’amore materno nel “Senza mamma” e quindi illuminata dalla luce della grazia nel trapasso finale. In certe alchimie tecniche, come il sol della chiusa emesso a testa riversa, e i do a filo di voce, mi ha ricordato la grande Magda Olivero. Accanto a lei, sempre su livelli d’eccellenza, la Zia Principessa musicale, precisa, concentrata di Annunziata Vestri."
"Calorosi gli applausi per Jacopo Sipari di Pescasseroli sul podio dell'Orchestra Regionale della Toscana"
"L’orchestra della Toscana ha eseguito le tre opere come meglio non le sarebbe stato possibile, sotto la guida del giovane maestro Jacopo Sipari da Pescasseroli, capace di esaltare le dinamiche, chiedendo spesso dei pianissimi affascinanti e non coprendo mai i cantanti, nemmeno nell’entrata degli ottoni nell’aria “Nulla silenzio”, che spesso nei teatri condanna il baritono di turno a trasformarsi in un pesce muto. Sipari di Pescasseroli sa trasmettere il suo entusiasmo, che so essere notevole; è appassionato a quello che fa e lo si vede, al di là del suo look da rockettaro che lo rende tanto simpatico e tanto normale. Non trasmette, nella sua gestualità precisa ed avvolgente, che umiltà e amore per la musica. Lo conobbi qualche anno fa in un Barbiere di Siviglia rossiniano; mi ha fatto piacere trovarlo ora in Puccini, capace di tradurre entrambi gli stili, così diversi, con la stessa vorace passione. Ottimo il suo controllo del palcoscenico: quando qualche cantante non è stato preciso, lo ha recuperato subito all’ensemble con maestria. Umiltà, capacità, passione: ci sono i presupposti per una carriera foriera di gioie per chi avrà la fortuna di ascoltarlo, soprattutto quando oserà di più, arrivando al fortissimo nei tratti in cui la folgorante dinamica pucciniana lo permette e richiede."
"Si percepisce da parte del direttore un amore per la partitura, della quale viene sottolineato più il versante sentimentale, religioso - visto in una chiave quasi misticheggiante, oltre che enfatica - anziché quello del dramma umano. I consueti tempi distesi di Sipari (l'interludio che segue “La grazia è discesa dal cielo” diventa addirittura ieratico) vengono forzati verso un “Senza mamma” struggente e quasi liturgico, con Donata D'Annunzio Lombardi che ne fa una straziante preghiera, grazie al controllo del fiato e alle doti di fine fraseggiatrice che la contraddistinguono. Voce delicata di soprano lirico, mai forzata, neppure nel crescendo di intensità tragica che porta al finale, la cantante aggiunge un altro personaggio alla galleria di quelli interpretati al Pucciniano. La sua emozionante Angelica (per la prima volta in scena dopo il debutto genovese in forma di concerto nel 2014) è risolta con l'intensità dell'accento e l'uso di pianissimi impalpabili, anche negli acuti più estremi. Suo è l'applauso a scena aperta di gran lunga più intenso dell'intera serata, proprio al termine dell'aria “Senza mamma” e suoi i consensi più trionfali al termine della recita, assieme a quelli per lo Schicchi di Bruno De Simone. Anche nel Gianni Schicchi il momento più riuscito della direzione coincide col momento solistico del personaggio protagonista. “In testa la cappellina” diventa un proclama altisonante, con cui De Simone, dalla presenza attoriale e vocale di rilievo, pare riempire l'arena, in virtù della dizione magistrale e del suono sempre ben proiettato. Nel resto dell'opera la direzione è sufficientemente precisa, anche nei serrati dialoghi tra i parenti e si assesta su una buona routine. Se il ritmo è più solenne (ma nel contesto di uno Schicchi-“kolossal” all'aperto ci può pure stare) che brillante, le pesantezze sono quasi sempre evitate."
"Sempre molto personale la direzione di Jacopo Sipari di Pescasseroli, che gioca sui contrasti fra tempi tendenzialmente rapidi e improvvise dilatazioni. In punti (...) dove prevale il lato più scopertamente romantico della partitura l’effetto è stato certamente raggiunto. Molto buone in questo senso la scena della torre, col giusto piglio marziale, e il finale, con gli archi in bella evidenza. Da lodare senza riserve la decisione di eseguire l’opera nell’integralità quasi assoluta, decisione che nobilita ulteriormente la bontà dell’esecuzione."
"La vera star della serata, l’unico faro di questo allestimento, è stato il Maestro Jacopo Sipari di Pescasseroli sul podio dell’Orchestra Sinfonica Bellini Opera Festival, che si è fatta dirigere plasticamente, dando prova di competenza e grande precisione. Il giovane Maestro ci ha ipnotizzati, immergendoci pienamente nel testo musicale di Bellini, facendocelo vivere in prima persona. La sua direzione partecipata, attenta e precisa ci ha condotti nel dramma di Norma, donna, sacerdotessa, amante, madre, in cui si rintraccia, per alcuni aspetti, la Medea di Euripide. Chiudendo gli occhi, al di là degli attori, al di là del libretto, ci si sentiva trascinati con forza e accarezzati con tenerezza dalla musica che si animava e prendeva colore grazie alla sua magica bacchetta. Superbo, impressionante, grande classe e potente energia. Una bellezza armonica di natura solare."
"La migliore esecuzione del Festival. Se per necessità si dovesse andare a sintesi estrema, quella sarebbe la frase da dire: la Turandot di Giacomo Puccini, terzo titolo del Festival 2016, diretta sabato 23 luglio 2016 dal maestro Jacopo Sipari Di Pescasseroli, sin qui è stata la migliore esecuzione, sopravvanzando artisticamente e abbondantemente la Tosca d'apertura e anche La bohème successiva. Finalmente s'è udita un'orchestra che ha integrato il proprio suono con il coro e soprattutto con i solisti, senza protagonismi dinamici, nonostante fanfare e percussioni; e senza mai coprire il canto d'assieme e le voci soliste. Maiuscola, dunque la prova di Sipari, anche perché ha mostrato d'essere un direttore molto attento al palcoscenico, in grado non solo di sostenere i cantanti nei loro fulgori vocali, ma anche di aiutarli nei momenti difficili dei passaggi di registro e nelle sfumature dei fraseggi, chiamando il suono a modellarsi sulle dinamiche delle voci, E non viceversa come si ode più d'una qualche volta. Non diremo dell'accompagnamento di "Nessun dorma" del tenore o di "In questa reggia" del soprano spinto, perché è naturale che essendo quelle arie, oltre che popolarissime, cantate allo stremo della potenza vocale, va da sé che la dinamica deve essere sostenuta come piace al pubblico (e sicuramente come piaceva anche a Puccini); diremo invece dei concertati, come nel finale del primo atto quando Calaf chiede di essere sottoposto agli indovinelli (agli enigmi; se si preferisce) e sono tutti in scena, il tenore, il soprano, il basso, le tre maschere, il coro, e tutti assieme cantano: Sipari è riuscito a dare alla combinazione canto/suono una perfetta simbiosi; ma non è tutto qui. Perché se si traguarda il lato estetico della faccenda, il direttore è riuscito a combinare in maniera emozionante l'altisonanza wagneriana delle squille e delle percussioni con la trasparenza miracolosa delle musiche di Mozart, nelle quali tutto è detto con semplicità ed eleganza e tutto deve essere udibile con chiarezza. Poi un altro esempio di tanta bravura: il concertato che conclude la scena degli enigmi, realizzato con lo stesso piglio ed efficacia".
"Eccellente invece il cast che, sostenuto da un ottimo direttore come il giovane Jacopo Sipari di Pescasseroli che ha guidato con precisione e passione la sempre brava Orchestra del Festival Puccini, ci ha dato la gioia di ascoltare una bellissima Turandot da ricordare".
"Positiva la prova di Jacopo Sipari Di Pescasseroli, direttore ospite principale del Festival Puccini. Sipari pare preferire un approccio sinfonico all’opera, che trae beneficio dal suo gesto chiaro e preciso e che si traduce in un suono nitido altrettanto preciso, senza trasformarsi in mero esercizio calligrafico. Senza nulla togliere al suono selvaggio quasi brutale impartito ai momenti più febbricitanti, il momento più suggestivo dell’opera si è avuto nell’atmosfera sognante e cantilenante con cui ha rivestito la scena delle tre maschere all’inizio del secondo atto. Il saper amalgamare con naturalezza un rispetto scrupoloso dei dettagli orchestrali con una viva attenzione a quel che accade in palcoscenico è segno sicuro di competenza direttoriale".
"La sua direzione è attenta e partecipata. Sembra lui stesso sfiorare gli strumenti che dai suoi agili e modulati movimenti producono armonia. Jacopo Sipari di Pescasseroli anima gli orchestrali che si plasmano attraverso il suo energetico incedere. E il tutto fin dall’inizio: già nell’ouverture si intuisce lIl barbiere di Siviglia impostazione direttiva, flessibile, entusiastica e motivatrice del giovane e talentuoso maestro. L’Orchestra, che lo ama e lo stima, tanto da accoglierlo al suo ingresso battendo con gli archetti sui leggii, segue affascinata le sue indicazioni: non una sbavatura, non un tempo mal scandito, tutto in perfetto accordo con testo rossiniano. Una performance musicale ineccepibile, un contributo stellare che ha emozionato i presenti catturandone l’attenzione. Un pubblico che ha compreso e ha Il barbiere di Siviglia con lunghi applausi e acclamazioni fin dall’inizio il suo incedere."
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